La nuova tappa del viaggio alla scoperta del continente africano ci porta ad esplorare una nuova macroregione: l’Africa Centrale. Orientativamente, l’area dell’Africa Centrale può essere disegnata tenendo conto delle caratteristiche geografiche: avvolta a Nord e a Sud dai due grandi deserti del Sahara e del Kalahari, si affaccia ad Ovest sull’Atlantico; ad Est, la regione dei grandi laghi ne traccia un confine entro il quale è racchiusa l’immensa foresta equatoriale, sferzata dal fiume Congo, il secondo al mondo per portata d’acqua.
Come per i vicini occidentali, il Medioevo africano nella regione centrale ha celebrato le grandezze dei Regni del Congo, del Ndongo e di Mataba, quest’ultimo governato dalla regina Nzinga, divenuta simbolo storico della resistenza africana all’imperialismo europeo. Entro questa immensa distesa di terra infatti, i cambiamenti succedutisi nel tempo hanno profondamente mutato la fisionomia dei confini politici della regione.
Il capitolo coloniale in Africa Centrale diventa infatti spartiacque storico per la regione, posta sotto i domini dei regni d’Europa. La Conferenza di Berlino dura un anno, dal 1884 al 1885, e sancisce la divisione del territorio africano creando separazioni e inclusioni forzate, tracciando confini che uniscono o separano popoli differenti e seminando le discordie delle future sanguinose guerre civili.
La già citata benedizione e maledizione dell’opulenza di risorse dell’Africa ha influito ed influisce tutt’ora anche nelle terre centrali, generando analisi che cercano di ricucire le ferite che non riescono a rimarginarsi.
Un vento di cambiamento?
È difficile proporre una lettura del cambiamento 2030 in Africa Centrale. Dossier, ricerche, articoli, reportistica analizzano quanta disuguaglianza, quanta insicurezza, quanta ambiguità sussistano ancora nella regione.
Abbiamo già testato nelle tappe precedenti quanto fuorviante possa essere, ai fini di un tentativo di comprensione del reale, categorizzare le esperienze altrui in strutture concettuali che fanno parte di una tradizione non per forza condivisa universalmente.
Sarà dunque ripetitivo, ma comunque utile considerare l’idea di abbandonare quelle strutture per leggere le difficoltà geopolitiche in cui versa l’Africa Centrale, proprio perché, cuore geografico del continente, la regione è stata ed è scossa dalle fragilità derivanti dal quel lontano tracciamento di confini politici imposti.
È il 1960 quando il “vento di cambiamento”, guidato dal panafricanismo, scuote il continente africano al grido di indipendenza di 17 Paesi. Una voce ferma e perentoria quella dell’Africa Centrale la cui eco non si è affievolita, pur dovendo fare i conti con il decorso storico degli eventi, (endogeni ed esogeni) che ne hanno lacerato (e continuano a lacerare) le fondamenta.
In ottica 2030, le aspettative sono sempre più in fermento; quanto tempo servirà per vederle realizzate dipenderà probabilmente da quanto quella voce riuscirà a risolvere le ambiguità del presente.