Il nostro viaggio arriva oggi ad un nuovo giro di boa. La nostra nuova mappa disegna una nuova rotta: abbracciata e circondata dagli oceani Indiano e Pacifico, l’Oceania è l’ultimo scorcio di Mondo che i nostri occhi di ormai esperti viaggiatori avranno modo di scrutare.
Il nuovo, nuovissimo, continente ha una fisionomia del tutto propria ed una Storia con peculiarità quasi inedite rispetto a quelle incontrate sinora.
Prima importante peculiarità, l’Oceania è un grande arcipelago composto da una costellazione di isole ed isolette che ruotano attorno al grosso colosso australiano, parte “continentale” della macroregione, ulteriormente distinta in Melanesia, Polinesia e Micronesia.
Questo enorme e frastagliato continente ha goduto per lungo tempo della serenità e della placidità del cullarsi oceanico, lontano dalle vicissitudini che intanto animavano la Storia altrui. Le spedizioni europee agli estremi confini del Mondo sono infatti intermittenti e alcune poco fruttuose, fino a quando la Gran Bretagna, intorno al ‘700, non disegna un progetto non propriamente di “conquista”, ma di “segregazione” sociale: le terre oceaniche servono per costruire una colonia penale dove confinare i detenuti più violenti e pericolosi. Con il tempo, anche le altre Corone europee si avvicendano nel dividersi e distribuirsi le altre isole, meravigliosamente e naturalmente selvagge.
Le aspirazioni di colonizzazione tuttavia sono, nel caso dell’Oceania, strategicamente diverse: l’interesse europeo è per lo più indirizzato allo sfruttamento delle aree marittime pertinenti, all’apertura delle rotte oceaniche poste tra Asia e America, un crocevia che fa gola alle imponenti marine europee. La gola imperiale aumenta però quando, intorno al ‘900, si scoprono ingenti risorse aurifere nella macroregione, che porta ad un’ovvia, già sperimentata, corsa allo sfruttamento, contemporanea ad un sensibile sviluppo economico. Insieme alla scoperta delle meraviglie materiali, gli esploratori stranieri scoprono anche i nativi oceanici, così particolari da animare le fantasie di leggende e storie d’avventura. La narrativa alla Robinson Crusoe e del buon selvaggio, che vive in totale armonia con la natura, vela la tragedia che colpisce i popoli nativi dell’Oceania, tragedia forse meno raccontata delle controparti americane ed africane.
L’evoluzione storica degli eventi che traina l’Oceania sembra essere però meno funesta ed anzi fortuita, perché ad oggi, molti dei Paesi della regione godono dei più lusinghieri indici di sviluppo.
Ma a noi, appassionati viaggiatori, dati e statistiche non bastano più.
Il doppio filo e il doppio volto dell’Oceania
Considerata la posizione geografica dell’Oceania, ne risulta ovvio considerare i “privilegi” che il continente è riuscito a sfruttare. Dopo il secondo conflitto mondiale, la macroregione, dominata dalla mainland australiana, riesce a porsi strategicamente come solido partner statunitense, ma anche come interlocutore d’eccezione nelle politiche asiatiche. Il doppio filo che lega l’Oceania ai due Mondi ne determina anche una delicata posizione sulla scena geopolitica, soprattutto da quando i giganti asiatici si impongono in maniera molto più preponderante nelle questioni geoeconomiche globali. Le analisi e gli studi sul tema si concentrano prevalentemente sulla posizione dell’Australia, in quanto colosso rispetto le altre isole oceaniche, ma, se volessimo osservare la situazione da un altro punto di vista, sarebbe improprio escludere proprio quelle terre che costellano l’Indo-Pacifico. Se infatti è vero che l’Australia è un protagonista ingombrante, sia politicamente sia geograficamente, è anche vero che le piccole isole assumono un peso non indifferente, proprio ed anche perché continuano ad essere i punti di snodo tra le rotte asiatiche ed americane; le tigri asiatiche ne sono pienamente consapevoli e stuzzicano quella già citata sindrome di Tucidide che abbiamo incontrato qualche tappa addietro.
In questo senso, le forme di cooperazione che si declinano possono essere molto varie e variegate, in ovvia conseguenza dei giocatori che intavolano la partita. Se da un lato, le strategie messe in atto sono volte allo sviluppo di nuovi approcci politici e commerciali, dall’altro il rischio che si corre è nuovamente quello di “lasciare indietro” tante altre componenti che dovrebbero essere comunque parte di un cambiamento olistico.
Una macchia mostruosa deturpa infatti la fisionomia della civile Oceania, un’onta che svilisce tutti i grandi risultati che la macroregione registra da anni. Si è intravisto nuovamente il volto oscuro del passato coloniale di riserva segregazionista, quello per cui violenza e brutalità diventano legittimate e legalizzate. L’eco delle voci di chi quelle brutalità le ha vissute sulla propria pelle deve essere monito per ricordare che il cambiamento che con tanta impazienza aspettiamo non può fare affidamento a soli indicatori, statistiche e collezioni di buone pratiche.
Le contraddizioni e le ambiguità sussistono ed esistono ovunque, forse inevitabilmente, forse per ontologia del reale; ciò che questo viaggio ha voluto sperimentare è che, per inverare un cambiamento, quelle contraddizioni e quelle ambiguità non possono essere sottaciute né tanto meno messe da parte. Probabilmente risolverle è utopistico, ma conoscerle è essenziale, per tentare di comprendere che nulla è scontato e che non esiste una sola verità.